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domenica 24 aprile 2011

Non solo pittori famosi III

ARTEMISIA GENTILESCHI PRIMA PARTE


Giuditta che decapita Oloferne,
1612-1613, 158,8 x 125,5,  Museo Capodimonte
Siamo arrivati al terzo appuntamento sulle pittrici donne, in questo post  vi parlerò di una delle più conosciute :Artemisia Gentileschi nata nel 1593, figlia del  pittore toscano Orazio Gentileschi, visse sin da piccola nella bottega del padre dove imparò a disegnare a impastare i colori e a dar lucentezza ai dipinti. Grazie agli artisti che gravitavano intorno alla sua casa (tra cui Caravaggio, che influenzò notevolmente le  sue opere) il suo precoce talento  crebbe . E' in questo ambiente che Artemisia esercitò l'arte di pittrice (infatti,  alle donne veniva negato l'accesso alla sfera del lavoro e la possibilità di crearsi un proprio ruolo sociale. Una donna non poteva realizzarsi puramente come lavoratrice, ma doveva perlomeno sostenersi col proprio status familiare; il lavoro femminile non era riconosciuto alla luce del sole, ma si realizzava perlopiù "clandestinamente"). A soli diciotto anni Artemisia aveva già dipinto il suo capolavoro "Giuditta che decapita Oloferne"


Il dipinto esprime le straordinarie doti pittoriche di questa giovane donna che venne violentata a diciott 'anni da un anziano amico del padre e, durante il processo contro il suo stupratore, dovette subire ogni tipo di umiliazione, compresa la tortura,(per testare la veridicità delle sue accuse la sottoposero  allo schiacciamento dei pollici)  da una giustizia maschilista e reticente verso le vittime di sesso femminile. Nella fredda violenza del gesto di Giuditta che decapita Oloferne si piuò cogliere il rancore di tutte le donne violentante nei secoli.
E' dopo questo episodio che Artemisia elabora una sua tecnica, anche se come precedemente detto influenzata da Caravaggio ma soprattutto da suo padre Orazio, predilege però tinte più violente con le quali crea i suoi magistrali giochi di luce tendenti a risaltare qualsiasi particolare.
Nel 1616 fu la prima donna  che venne accettata nell'Accademia delle Arti e del Disegno a Firenze, dove si trasferì dopo lo scandalo, qui ebbe un discreto successo, fu in buoni rapporti con Galileo Galilei e con  Michelangeo Buonarroti il giovne (nipote di Michelangelo): impegnato a costruire una magione  che celebrasse la memoria dell'illustre antenato, affidò ad Artemisia l'esecuzione di una tela destinata a decorare il soffitto della galleria dei dipinti.

Allegoria all'inclinazione - 1615 -1616
Olio su tela 152 cm x 61
Casa Buonarroti Firenze
La tela in questione rappresenta una Allegoria all'inclinanzione (ossia del talento naturale), raffigurata in forma di giovane donna ignuda che tiene in mano una bussola. Si ritiene che l'avvenente figura femminile abbia le fattezze della stessa Artemisia, che – come ci dicono le informazioni mondane dell'epoca – fu donna di straordinaria avvenenza.
In effetti capita spesso, nelle tele di Artemisia, che le sembianze delle formose ed energiche eroine che vi compaiono abbiano fattezze del volto che ritroviamo nei suoi ritratti o autoritratti.
Appartengono al periodo fiorentino la Conversione della Maddalena, la Giuditta con la sua ancella di Palazzo Pitti e una seconda (dopo quella di Napoli dipinta 8 anni prima) versione della Giuditta che decapita Oloferne agli Uffizi
Nonostante il successo di Firenze a causa delle spese eccessive e pressata dai creditori Artemisia decide di ritornare con la sua famiglia a Roma che tratterò nella seconda parte a presto...







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