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lunedì 18 novembre 2013

RICORDANDO PIERINA

La triste storia di Pierina

Qualche giorno fa, sfogliando una tesi di laurea su canti e tradizioni popolari della zona, l’attenzione mi è caduta su un frammento di cantastorie, di appena 12 versi e subito mi sono tornate alla mente tutte le sequenze di questo lunghissimo canto che, più di vent’anni fa, avevo registrato dalla viva voce di Amabile Grigioni, una ultranovantenne di Montesecco.
La canzone che s’intitola: “La triste storia di Pierina”, è antica di almeno due secoli e ciò si deduce dai seguenti versi: “gli toccò far il soldato e servir l’imperator”(chiara allusione al dominio austriaco nel Lombardo-Veneto).
Quando l’Amabile, ammalata e con una gamba amputata, me l’aveva recitata in una squallida corsia del vecchio Ospedale, non era la prima volta che la sentivo. A Pergola, fino agli anni Cinquanta, nei giorni di mercato, arrivava un cantastorie che per tutta la mattinata,nella “Piazza delle erbe”, (Piazza Garibaldi) incantava un’infinità di gente radunata in cerchio intorno a lui, con storie per lo più di tradimenti, di vendette e di destino crudele: “La Madonna del Carmine”, “Giulio Bindi”, “Sedotta e abbandonata”, “La triste fine di Boris”, “Giulianello” e tante altre...
Tutto ciò fa sorridere i giovani di oggi che non sono vissuti in un periodo in cui la TV e INTERNET non erano stati ancora inventati e la radio, il cinema, i giornali e il grammofono erano privilegio di un ristretto numero di fortunati.

L.B.
Qui comincia questa storia,
la gran storia di Pierina,
ch’è ‘na bella ragazzina,
di bellezze in quantità.
Ed essendo ricca e bella
dagli amanti era adorata
e da tutti era stimata
la più bella della città.
Non aveva padre e madre
e nemmen’altro fratello,
ma ci avea quel viso bello
che facev’innamorà.

Allor quando la Pierina
s’è fissata con Bastiano,
‘n giovinetto bell’e sano
e sincero nell’amor.

Questo giovane bel garzone,
però forse disgraziato,
li toccò far il soldato
e servir l’imperator.
Allor quando il militare
è partito al reggimento,
la Pierina in un momento
ha cambiato d’opignon.
Ha fissato ‘n altr’amante
che si chiama Costantino
e’ l giovane Bastianino
l’ha lasciat’in abbandon.
Allor quando il buon soldato
ha saputo ‘l tal successo
si fa dare ‘n bon permesso
per andarla a ritrovar.
“Son venut a cas’aposta
per volert’ accontentare,
ho deciso di sposare,
non ti voglio più lasciar”
Ma Pierina pres’ a dire:
“Vanne pure al tuo destino;
ho promesso a Costantino,
Costantino voglio amar.
Costantino è ‘l mio diletto,
Costantino è ‘l mio amoroso,
Costantino sarà ‘l mio sposo,
Costantino voglio amar”.
Bastianin sentendo questo,
non je fece altra parola,
con un colpo di pistola
morta in terra la lasciò.
Allor quando l’ebbe uccisa,
tutto acceso di livore,
la sventrò,je prese il cuore
e in man se lo portò.
Poi rivòltol’in un cencio,
camminando ad un macello,
un bel cuore di vitello
venne allor’a comperar.
Va in paese all’osteria ,
chiede all’oste una stanzetta,
si fa dar ‘na padelletta
per poterli cucinar.
Poi,uscendo dall’albergo,
caminando un momentino,
ha trovato a Costantino,
l’incomincia a salutar:
“Se tu vuoi venire a pranzo
e tenermi compagnia,
mangeremo in compagnia
un gustoso desinar”.

Bastianin si mette a sede
e ne fa una proprio bella,
prende il cor della vitella
e lo mette al suo piattin.
Sempre triste Bastianino
porta in mano una forchetta,
pija ‘l cuore di Pierina
e lo dona a Costantin.
Mentre mangia Costantino
je lo disse in alto tono:
“Questo cor è tanto buono
che de più non se po’dar”
Bastianino je rispose:
“Mangia,mangia,anima bella,
mangi il cor d’una vitella,
segui dunque il tuo mangiar”.
Quando questi due amanti
han finito il bel pranzetto,
Costantin con gran diletto
l’incomincia a ragionar:
“Se tu vuoi venir a pranzo
faccio nozze con Pierina,
l’ho fisat’a domattina
la Pierina mia sarà”.
Bastianino in quell’istante
gli parlò senza paura
e gli disse addirittura:
“La Pierina mai tua sarà.
Prendi questa letterina
falla pure pubblicar,
perché ‘l core di Pierina
l’hai mangiato a desinar.
Poi, se ‘n credi che sia vero
quello ch’io t’ho detto a voce,
va’ nel campo della noce,
lì vedrai la verità”.
Costantin tutt’ arrabbiato
presto presto s’incammina,
va nel campo di Pierina
per poterci ragionar.
E là vede la sua cara
bella e morta sul terreno,
dal dolore ne venne meno
e non pol più respirar.
Una gràn folla di gente
corre là dal gràn stupor,
spaventati profondamente
per il gran commesso error.
Io vi avviso giovinetti,
quando siete per amar,
dalla rabbia e dai dispetti
non vi fate trasportar.
Che l’amore è ‘na passione
che ti lascia dominar,
vi convince a l’occasione
an’ch al pessimo operar.
E voi figli tutti quanti
io vi vengo ad avvertir:
la promessa al caro amante
non dovete mai smentir.

mercoledì 13 novembre 2013

ALZHEIMER PER SAPERNE DI PIU'


A PROPOSITO DI ALZHEIMER

LA VECCHIAIA J.L. BORGES

la vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
l’animale è morto o è quasi morto.
rimangono l’uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell’Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penembra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all’eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritomo.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall’Est, dall’Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.

sabato 9 novembre 2013

ALZHEIMER LA MEMORIA DEL BELLO

CURARE CON L'ARTE


Numerosi interventi terapeutici di tipo non farmacologico sono stati proposti per il trattamento dei disturbi cognitvi e psico-comportamentali della malattia di Alzheimer. Tali interventi includono approcci multistrategici quali la reality orientation therapy (ROT), basata su stimolazioni multimodali e facilitazioni spazio-temporali e ambientali, terapia della reminescenza basata sulla stimolazione delle risorse mnesiche residue e il recupero di esperienze emotivamente piacevoli, le tecniche di validazione basate sulla ricerca di contatti emotivi con la realtà del paziente, interventi comportamentali ambientali, terapia occupazionale, musicoterapica, aromaterapia, fototerapia. Tali tipologie di trattamento hanno come target pazienti in fase lieve-moderata di decadimento cognitivo. Nonostante diversi interventi non farmacologici per il trattamento della malattia di Alzheimer siano stati proposti e sperimentati, ad oggi evidenze consolidate di efficacia sono disponibili solo per interventi di ROT.
Nell’ultima decade, evidenze osservazionali hanno suggerito che l’arte e le attività creative possono esercitare un ruolo terapeutico nei pazienti con malattia di Alzheimer rispetto ad alcuni aspetti cognitivi e più marcatamente sui sintomi psico-comportamentali. Evidenze relative ad un possibile ruolo terapeutico dell’arte nella malattia di Alzheimer derivanti da trial clinici controllati sono tuttavia ad oggi estremamente limitate. Rusted e colleghi hanno condotto un trial clinico controllato multicentrico al fine di valutare l’efficacia di un intervento basato sul coinvolgimento di 45 pazienti con malattia di Alzheimer in attività di tipo artistico sotto la guida di un terapista dell’arte.12 Tale intervento a confronto con attività ricreative non inerenti l’arte è risultato migliorare l’acuità mentale e l’abilità di socializzazione, ridurre l’ ansia e favorire l’interazione fisica e la partecipazione alle attività proposte.
Nell’ultima decade sono stati evidenziati correlati cerebrali anatomici e neurofisiologici della simmetria e del bello. L’arte visiva stimola delle aree selezionate del cervello umano e attiva specifici processi cognitivi.13-15 L’interazione tra arte e pazienti con malattia di Alzheimer attraverso la esposizione alle opere artistiche e la discussione intorno ad esse offre all’ individuo la possibilità di ricevere una stimolazione intellettiva, scambiare idee, connettere il proprio vissuto personale con la realtà ritratta nell’arte, accedere ad esperienze personali e memorie, aumentare la propria autostima. Questi processi possono influenzare positivamente la cognizione dei pazienti con malattia di Alzheimer ed esercitare un effetto più evidente sui sintomi psico-comportamentali e l’engagement sociale di questi pazienti. Alcune esperienze suggeriscono che l’arte visiva, agendo sui circuiti emozionali che restano a lungo preservati nel decorso della malattia di Alzheimer, può migliorare l’umore, ridurre l’ansia e sollecitare la preservazione delle abilità residue. Sulla base di queste premesse il Museum of Modern Art (MOMA) di New York in collaborazione con il Psychosocial Research and Support Program of the New York University Center of Excellence for Brain Aging and Dementia, ha lanciato nel 2006 un programma di visite guidate per pazienti con demenza di Alzheimer in fase lieve e per i loro caregiver volto ad  incoraggiare l'espressione e la creatività dei pazienti con malattia di Alzheimer.16 L’osservazione di opere scelte ha avuto un efficace impatto sul dialogo e l’emotività. Una équipe specializzata ha coinvolto i partecipanti nell’osservazione di alcune opere del MOMA, inclusi opere di arte contemporanea (Matisse, Picasso, Pollock, etc.) e ad oggi il programma, che è stato esteso poi ad altre città, include molte centinaia di persone.
Nel nostro Paese, evidenze di un possibile ruolo positivo dell’arte nella malattia di Alzheimer con particolare rispetto alle turbe dell’umore e al livello di interazione sociale sono state prodotte nell’ambito della parte pilota del progetto AD-Arte condotto in collaborazione tra l’unità Valutativa Alzheimer dell’ospedale Cardarelli di Napoli, l’associazione culturale Makè e la soprintendenza BAP PSAE e ospitato presso Palazzo Reale a Napoli.

2. OBIETTIVI
Il presente progetto nasce da una collaborazione tra il Centro di Medicina dell’Invecchiamento del Policlinico A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore e la Soprintendenza alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma. Obiettivo primario di questo progetto è quello di valutare l’impatto di un intervento terapeutico non farmacologico basato sulla esposizione ad arti visive in setting museale sui sintomi cognitivi e psico-comportamentali di pazienti con demenza di Alzheimer in fase lieve-moderata (MMSE >=16). Obiettivi secondari del progetto includono la valutazione dell’impatto del suddetto intervento sul di stress dei caregiver, la valutazione del livello di soddisfazione di pazienti e caregiver nei riguardi dell’intervento effettuato, l’impatto dell’intervento effettuato sul tasso di utilizzo di farmaci ansiolitici, ipnotici, antidepressivi e antipsicotici da parte dei pazienti.

3. METODOLOGIA

3.1. DISEGNO DI STUDIO
Al fine di rispondere alle domande di studio verrà condotto un trial clinico controllato randomizzato in singolo cieco. L’unità di analisi sarà costituita dalla diade paziente – caregiver. I partecipanti (pazienti e rispettivi caregiver) verranno assegnati in maniera random ai due bracci dello studio:
  1. gruppo di intervento di arte-terapia: pazienti e caregiver randomizzati ad essere sottoposti all’intervento terapeutico non farmacologico basato su esposizione ad arti visive in setting museale in aggiunta a cure standard (trattamento farmacologico con farmaci anticolinesterasici e/o memantina per i pazienti e counseling per i caregiver);
  2. gruppo di intervento alternativo basato su tecniche di rilassamento fisico: pazienti e caregiver randomizzati ad essere sottoposti ad intervento di terapia fisica di rilassamento presso il centro Fitness del Centro di Medicina dell’Invecchiamento del policlinico A. Gemelli, in aggiunta a cure standard (trattamento farmacologico con farmaci anticolinesterasici e/o memantina per i pazienti e counseling per i caregiver);

I pazienti inclusi nello studio verranno sottoposti presso la Clinica della Memoria del Centro di Medicina dell’Invecchiamento del Policlinico A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore alle regolari visite cliniche di controllo previste dal piano di cura individuale secondo il giudizio del medico curante per l’intera durata del progetto.

3.2 POPOLAZIONE
La ‘source population’ per il presente progetto è rappresentata dai pazienti affetti da demenza di Alzheimer che afferiscono alla Clinica della Memoria del Centro di Medicina dell’Invecchiamento del Policlinico A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore.

3.2.1 NUMERO DI PAZIENTI
Ad oggi, evidenze di efficacia della esposizione alle arti visive su gli aspetti cognitivi e psico-comportamentali dei pazienti con demenza di Alzheimer e sullo stress dei caregiver derivano da esperienze osservazionali aneddotiche e da un limitato numero di studi di intervento con disegno pre-post a singolo gruppo. Tali studi sono limitati da assenza di gruppo di controllo, utilizzo di strumenti di valutazione creati ad hoc e non validati in ambito di ricerca clinica, disomogeneità dei campioni riguardo l’eziologia e la severità della demenza. Ad oggi non sono disponibili evidenze derivate da trial clinici controllati randomizzati che suggeriscano e stimino un effetto della esposizione alle arti visive in setting museale sugli aspetti cognitivi e comportamentali dei pazienti con demenza di Alzheimer e sullo stress del caregiver. Pertanto, in relazione alla impossibilità di effettuare un calcolo statistico del potere dello studio e della numerosità del campione basato su dati precedenti di letteratura, si è ritenuto appropriato includere nel presente progetto il massimo numero di soggetti che potessero essere accolti nel programma di esposizione alle arti visive proposto ed effettuato dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma (8 pazienti e 8 caregiver) ed un pari numero di soggetti costituenti il gruppo di confronto (8 pazienti e 8 caregiver). Il numero totale di partecipanti al progetto risulterà pertanto di 32 pazienti e 32 caregiver. I risultati del presente progetto forniranno evidenze iniziali per il disegno e la conduzione di trial clinici controllati volti a valutare l’efficacia e l’efficienza di interventi non farmacologici basati sulla esposizione ad arti visive in più ampi campioni di pazienti affetti da demenza di Alzheimer.






RAPPORTO MONDIALE ALZHEIMER 2013

SITUAZIONE ALZHEIMER 2013
Il Rapporto Mondiale Alzheimer 2013 rivela che l’epidemia
globale di Alzheimer crea carenza di caregiver e
mancanza di supporto per i familiari
Entro il 2050 il numero di anziani non autosufficienti raggiungerà i 277 milioni
Metà di tutti gli anziani che hanno bisogno di cure personali è affetta da demenza



Milano, 21 settembre 2013 – La Federazione Alzheimer Italia (rappresentate per l‟Italia di ADI -
Alzheimer‟s Disease International) ha presentato oggi, in occasione della XX Giornata
Mondiale Alzheimer, il Rapporto Mondiale Alzheimer 2013, intitolato “Alzheimer: un
viaggio per prendersi cura”.
La presentazione, avvenuta nell‟ambito del convegno “Alzheimer. Informare per conoscere -
Cura, Ricerca, Assistenza”, organizzato dalla Federazione Alzheimer a Milano (Sala Alessi di
Palazzo Marino, sede del Comune di Milano), è stata fatta dal direttore esecutivo di ADI, Marc
Wortmann, e dalla presidente della Federazione Alzheimer, Gabriella Salvini Porro.
Il Rapporto Mondiale Alzheimer 2013 „Un viaggio per prendersi cura: analisi dell‟assistenza a
lungo termine per la demenza chiede ai governi di tutto il mondo di fare della demenza una
priorità, grazie all‟implementazione di piani nazionali e all‟avvio urgente di dibattiti nazionali
sugli accordi futuri per l‟assistenza a lungo termine.
L‟Alzheimer‟s Disease International (ADI) e la compagnia di assicurazioni Bupa hanno
incaricato un team di ricercatori, guidato dal Professor Martin Prince del King‟s College di
Londra di realizzare un rapporto.
In tale rapporto si rileva che, con l‟invecchiamento della popolazione mondiale, il sistema
tradizionale di “cure informali” da parte della famiglia, amici e comunità in genere, necessiterà di
maggiore supporto. In tutto il mondo, il 13% degli over 60 richiede assistenza a lungo termine.
Tra il 2010 e il 2050, il numero totale di anziani con esigenze di tipo assistenziale è destinato a
triplicare, passando da 101 a 227 milioni di persone. L‟assistenza a lungo termine è destinata in
prevalenza a persone affette da demenza, e l‟80% degli anziani nelle case di riposo convive con
la demenza. Attualmente, il costo globale dell‟assistenza per la demenza supera i 600 miliardi di
dollari, ovvero circa l‟1% del PIL mondiale.
Il rapporto precisa la necessità di una maggiore attenzione per mantenere e migliorare la qualità
della vita aiutando chi ne è colpito e le rispettive famiglie a “vivere bene con la demenza”.
Sono necessari finanziamenti dieci volte superiori per dare nuova linfa al lavoro di prevenzione,
trattamento e assistenza della demenza. Questi investimenti sono necessari per mitigare
l‟impatto dell‟epidemia mondiale di demenza sulle esigenze future di assistenza, e per migliorare
la qualità dell‟assistenza stessa.
Il rapporto inoltre pone l‟accento sull‟esigenza di:
 I governi di tutto il mondo dovrebbero fare della demenza una priorità, grazie
all‟implementazione di piani nazionali e all‟avvio urgente di dibattiti nazionali sull‟assistenza
a lungo termine

 Creare sistemi atti a monitorare la qualità dell‟assistenza alle persone affette da demenza in
tutti i contesti – sia in strutture protette sia al proprio domicilio
• Promuovere l‟autonomia e la scelta in tutte le fasi del viaggio nella demenza, dando priorità
alle voci delle persone che ne sono affette e ai loro familiari
• I sistemi di assistenza sanitaria e sociale dovrebbero essere meglio integrati e coordinati per
rispondere alle esigenze di ogni cittadino
• I caregiver che lavorano in prima linea devono essere formati adeguatamente e si dovrebbe
assicurare un riconoscimento finanziario sia ai caregiver remunerati sia a quelli non
remunerati in modo da sostenere il sistema di assistenza informale e migliorare il
reclutamento e la fidelizzazione dei caregiver remunerati
• La cura in casa di riposo è una scelta significativa solo per una minoranza di persone – la
qualità della vita a casa può essere altrettanto buona e i costi simili se il lavoro non
retribuito dei caregiver familiari fosse valorizzato adeguatamente
• Si dovrebbe monitorare l‟assistenza fornita nelle case di riposo in termini di qualità della
vita e soddisfazione degli ospiti, in aggiunta alle ispezioni di routine, perché le case di riposo
continueranno a essere un elemento fondamentale dell‟assistenza a lungo termine.
Il professor Martin Prince, dell‟Istituto di Psichiatria del King‟s College di Londra ed autore
del rapporto commenta: "Le persone con demenza hanno bisogni particolari. Rispetto ad altri
pazienti di lungo termine hanno bisogno di cure più personali, per più ore e con più
supervisione, ciò comporta maggior stress per i carer e costi più elevati. I loro bisogni di cura
cominciano presto nel corso della malattia e si evolvono continuamente nel tempo, il che
richiede una pianificazione precoce, monitoraggio e coordinamento. E‟ necessario considerare
maggiormente il contributo non remunerato dei caregiver familiari, e remunerare meglio i
caregiver di professione. Si può costruire un sistema di assistenza di qualità, ma realizzarlo a
costi contenuti e renderlo disponibile a tutti equamente sarà una sfida.”
Marc Wortmann, direttore esecutivo dell‟Alzheimer Disease International dichiara:“ Abbiamo
bisogno di valorizzare coloro che forniscono la cura di prima linea alle persone con demenza.
Questo comprende sia il personale pagato sia gli assistenti familiari volontari che hanno molto in
comune. I governi devono riconoscere il ruolo dei caregiver e garantire che siano poste in atto
politiche concrete per il loro sostegno."
Il dottor Paul Zollinger-Read, Chief Medical Officer, di Bupa, afferma: “L‟invecchiamento
della popolazione in tutto il mondo significa che il miglioramento dell‟assistenza e sostegno in
caso di demenza rappresenta una delle maggiori sfide sanitarie della nostra generazione – una
sfida che dobbiamo affrontare. Ci appelliamo ai governi di tutto il mondo affinché la demenza
sia considerata una priorità sanitaria nazionale e si sviluppino di piani nazionali specifici. I piani
nazionali devono garantire una buona qualità di vita ai malati e anche i loro amici e familiari, che
spesso assumono il ruolo difficile di caregiver, devono essere sostenuti.”
Come risposta all‟epidemia mondiale di Alzheimer, l‟Alzheimer‟s Disease International e l‟
Home Instead Senior Care®, si sono uniti per ospitare “Vivere con l’Alzheimer: Un viaggio per
prendersi cura. Rapporto Mondiale Alzheimer 2013 Release & Roundtable Discussions.” L‟evento che si
terrà in tre capitali internazionali, pone l‟attenzione, durante il Mese Mondiale Alzheimer,
all‟impatto mondiale della malattia.Roger Baumgart, CEO, di Home Instead Senior Care, afferma: “Gli studi continuano a
evidenziare che la stragrande maggioranza degli anziani preferisce invecchiare a casa propria, e
con il giusto supporto può farlo. Tuttavia i due terzi delle chiamate che riceviamo provengono
da famiglie in crisi. Lo stress dei caregiver porta poi all‟istituzionalizzazione del malato. Gli
interventi mirati al sostegno, educazione e formazione dei caregiver possono ridurre
l‟istituzionalizzazione o quantomeno ritardarla. E‟ nostra responsabilità, come società,
determinare come meglio sostenere queste esigenze. Lavoriamo attivamente per migliorare la
consapevolezza dei bisogni e delle sfide per le famiglie e offriamo supporto con corsi di
formazione e materiali ampiamente disponibili in tutto il mondo.”

Roger Baumgart, CEO, di Home Instead Senior Care, afferma: “Gli studi continuano a
evidenziare che la stragrande maggioranza degli anziani preferisce invecchiare a casa propria, e
con il giusto supporto può farlo. Tuttavia i due terzi delle chiamate che riceviamo provengono
da famiglie in crisi. Lo stress dei caregiver porta poi all‟istituzionalizzazione del malato. Gli
interventi mirati al sostegno, educazione e formazione dei caregiver possono ridurre
l‟istituzionalizzazione o quantomeno ritardarla. E‟ nostra responsabilità, come società,
determinare come meglio sostenere queste esigenze. Lavoriamo attivamente per migliorare la
consapevolezza dei bisogni e delle sfide per le famiglie e offriamo supporto con corsi di
formazione e materiali ampiamente disponibili in tutto il mondo.”
 La Federazione Alzheimer Italia, rappresentante per l‟Italia di Alzheimer‟s Disease International
(ADI), in relazione ufficiale con l'Organizzazione Mondiale della Sanità, è la maggiore organizzazione
nazionale non profit dedicata alla promozione della ricerca sulle cause, la cura e l‟assistenza per la
malattia di Alzheimer, al supporto e sostegno dei malati e dei loro familiari, alla tutela dei loro diritti.
Coordina 47 Associazioni Alzheimer.
www.alzheimer.it - www.facebook.com/alzheimer.it - https://twitter.com/alzheimeritalia









PARLIAMO DI ALZHEIMER

PARLIAMO DI ALZHEIMER

Il termine ‘DEMENZA’ indica un gruppo di malattie del sistema nervoso centrale che causano un progressivo declino nelle capacità di una persona di ricordare, pensare, imparare e svolgere le attività del vivere quotidiano. Il paziente affetto da demenza dimostra disturbi di memoria, pensiero, orientamento, attenzione, comprensione, capacità di risolvere problemi, linguaggio e giudizio, comportamento. I malati di demenza sono circa 1 milione nel nostro Paese, oltre 6 milioni in Europa e oltre 30 milioni nel mondo. Tali numeri sono destinati ad aumentare nel tempo e si stima che possano raddoppiare entro il 2030.1
A causa del progressivo invecchiamento della popolazione si assiste ad un continuo aumento del numero di casi di demenza che rappresenta dunque una delle più importanti emergenze che i sistemi sanitari dei Paesi Occidentali si trovano ad affrontare nel terzo millennio.
La malattia di Alzheimer è la causa più frequente di demenza nei soggetti anziani. Si tratta di un disturbo neurodegenerativo progressivo e fatale che si manifesta con deterioramento cognitivo e della memoria, danno progressivo delle attività del vivere quotidiano, e una varietà di sintomi psico-comportamentali. I classici segni tipici della malattia di Alzheimer sono perdita di memoria, deterioramento del linguaggio, della prassia, della capacità di riconoscere volti, oggetti e luoghi noti e deficit visuospaziali. Alterazioni neurologiche motorie e sensitive non sono comuni fino alle ultime fasi della malattia. Disturbi psicologici e del comportamento compaiono nel 90% dei casi di demenza di Alzheimer ed insorgono in epoca variabile. I pazienti vanno progressivamente incontro a perdita della propria autonomia nelle attività del vivere quotidiano di più alto livello, come gestione delle finanze e l’uso dei trasporti pubblici, fino a presentare totale non autosufficienza anche nelle attività di base del vivere quotidiano (mangiare, curarsi, usare la toilette, vestirsi etc.). Anche i disturbi psico-comportamentali progrediscono lungo il decorso della malattia. Depressione, ansia e apatia comunemente si sviluppano presto e continuano per la durata della malattia. Psicosi e agitazione sono caratteristiche delle fasi intermedie e più avanzate.
Ad oggi non esiste una cura per la malattia di Alzheimer. Sono disponibili dei farmaci sintomatici (anticolinesterasici e memantina) in grado di alleviare i sintomi cognitivi, ritardare il decadimento funzionale e migliorare la qualità della vita.2-5 Non esistono inoltre farmaci approvati per il trattamento dei sintomi psico-comportamentali. La comparsa di tali sintomi, in particolare aggressività, agitazione psico-motoria, deliri, insonnia, rappresenta una reale emergenza medica per i pazienti con malattia di Alzheimer e le loro famiglie. I sintomi psico-comportamentali sono stati associati con aumentato rischio di morbidità, mortalità, utilizzo di farmaci psicotropi, istituzionalizzazione, stress del caregiver e conseguente aumento dei costi assistenziali e socio-sanitari. I farmaci antipsicotici approvati per il trattamento della schizofrenia sono i composti più largamente utilizzati per il trattamento di tali disturbi se pur prescritti off-label.6 Si tratta tuttavia di composti per cui non esistono ad oggi sufficienti prove di evidenza di efficacia nei pazienti con malattia di Alzheimer e che sono gravati da pesanti effetti collaterali tra cui effetti motori extrapiramidali ed aumentato rischio di ictus cerebri e di morte

venerdì 8 novembre 2013

NON SOLO PITTORI FAMOSI 

FEDE GALIZIA

Milano 1578 ? 1830 è stata una pittrice del periodo barocco. Giunta bambina da Trento a Milano si formò nella bottega del padre Nunzio. La pratica incisoria e quella miniaturistica, apprese dal padre, condizionarono lo stile dell'artista. Prima opera nota è il ritratto a incisione di G. Borgogni. Attraverso l'uso della tecnica paterna la giovane Fede espresse sin da questi anni , la propria vocazione fondamentalmente ritrattistica. Entro il 1595 aveva prodotto un numero considerevole di disegni e vari ritratti degni di menzione, tra i quali quelli del padre , della madre , di due nobildonne milanesi ( tutti perduti).
Nel 1596 firmò e datò la Giuditta tema che ricorre spesso nei suoi quadri . Ne fece ben quattro e uno di questi si trova alla Galleria Borghese di Roma. Nei suoi dipinti curava soprattutto i particolari, sia nei vestiti come nelle varie versioni di Giuditta
 
Giuditta e Oloferne particolare della firma sul coltello







Che nelle acconciature come nel quadro della Maddalena del Noli me Tangeri
Famosa soprattutto per le sue nature morte
Tra cui la sua natura morta con la frutta risalente al 1602 forse la prima nella storia artistica

Alzata con prugne pere e una rosa 1602




Le nature morte attribuitele hanno un impostazione seriale: un piano di appoggio inquadrato dappresso quasi sempre frontale, su sfondo cupo; frutti e fiori - pesche, pere e gelsomini, per lo più trattati con un gusto geometrico della forma; un forte senso di rarefazione atmosferica e sospensione temporale. Sono composizioni semplici, con un punto di vista molto ravvicinato. Malinconiche. I suoi dipinti si contraddistinguono da una luce fredda e tagliente capace di esaltare la perfetta armonica compositiva.
Dodici in totale le nature morte, genere decisamente diffuso tra fine cinquecento e inizio seicento anche per il rinnovato interesse per lo studio della botanica e della zoologia portato avanti da Aldovrandi e Fuchs.  Fede conosceva la Canestra di frutta di Caravaggio (all'epoca a Milano) dala quale verrà molto influenzata. Le nature morte non sono decisive o preponderanti nella sua produzione in realtà molto varia, sebbene i critici abbiamo puntato molto su quest parte delle sue opere. 
La sua vita non fu ne avventurosa ne frenetica  . Non era una bella donna ricercata nelle corti ma una pittrice mesta . Non si sposò e rimase a vivere con la sorella Margherita e la cugina Anna nella casa paterna


Nel 1630 ci fu una epidemia di peste per causa della quale probabilmente morì .


Dal “Laboratorio Manuale” al progetto “Ricordi di gusto”






In tre anni di laboratorio manuale ci siamo rese conto di quante potenzialità hanno i nostri ospiti.
Non solo lavorano fianco a fianco per realizzare i progetti che noi suggeriamo loro, ma con il passare del tempo hanno acquistato sicurezza: sono diventati propositivi, hanno via via dato il loro fattivo contributo suggerendo idee e dando consigli utili ed efficaci.
Ciò a dimostrazione che il “saper fare” non si dimentica facilmente e così antichi gesti riemergono come per incanto dai labirinti della memoria. Abbiamo allora capito che potevamo attingere dai ricordi dei nostri ospiti per creare un libro che parlasse di loro e dei loro vissuti proprio partendo dal saper fare quotidiano, da una gestualità reiterata e dunque familiare legata ai cibi e alla preparazione dei pasti. Dunque, rievocare ricette, raccontare di pasti ordinari e festivi, attraverso un intreccio narrativo che mescola storie personali e famigliari ed eventi di portata più ampia, sociali, storici. Le narrazioni intorno all’esecuzione di un piatto, anche senza sapere con precisione le quantità degli ingredienti impiegati, hanno rappresentato il “pretesto” per far emergere, anche se in maniera frammentaria, le situazioni in cui veniva preparato. I saperi e la manualità culinaria che sono emersi dai racconti hanno consentito di ricomporre le tessere di un mosaico variegato fatto di colori, odori, sapori, fragranze. In definitiva una cucina della memoria attraverso la memoria della cucina.

maria grazia e laura
Dopo due anni di assenza si ricomincia da qui ...